1 dic 2012

Le domande dello studente a Bruno Zevi

Nel Marzo del 1995 uno studente della Facoltà di Architettura di Napoli si è presentato a Bruno Zevi per chiedergli alcuni chiarimenti sui problemi dell'architettura. Nè è nato un intenso carteggio, durato alcuni mesi, sotto forma di domande e risposte...


Credere, obbedire, combattere: tre ideali per l'architettura? Credere in cosa? Obbedire a chi, a che cosa? Combattere con chi, con che cosa?
L'architettura rifiuta qualsiasi coercizione e, tanto più, la triade mussoliniana.Obbedire si può, se si ha l'animo di un subalterno. Combattere si deve, qualora l'alternativa sia la morte. Ma credere? Questo è un atto di libertà, spontaneo, non può essere obbligatorio. Quindi, tanto per cominciare, architettiamo senza obbedire a niente e a nessuno, combattendo non per un'astratta ideologia ma per la supremazia dell'individuo e senza credere né nella materia né nello spirito, né in Dio né nel diavolo, propugnando il disordine piuttosto che l'ordine dottrinario imposto.

Cosa intende Lei oggi per ordine dottrinario imposto?
Il classicismo fascista o cattolico o borghese o patriottardo o monumentalista, di qualsiasi genere, comunque elaborato.

Lei una volta mi ha detto "Ricordi che nessun architetto, nella preistoria e nella storia è mai stato troppo coraggioso". Cosa intende lei per "troppo coraggioso"?
Sono convinto che tutti possono essere migliori di quello che sono; è vero per il passato come per l'oggi e per il domani. Nell'intera storia dell'architettura, dalla preistoria a Frank Gehry, troviamo architetti che temono di essere troppo trasgressivi,di agire contro il senso comune e l'opinione pubblica, di non rispettare il codice vigente e quindi di non essere capiti e perdere clienti. Quasi tutti perciò si fermano uno o due gradini più in basso di quanto potrebbero o dovrebbero, hanno paura di sbagliare e abdicano. Non c'è un solo caso né Arnolfo di Cambio, né Borromini, né Gaudì, né Wright, di cui si possa dire: esagera, è troppo coraggioso. Le due opere più ardite secondo me, sono Palazzo Vecchio a Firenze e Fallingwater, la casa sulla cascata. Sono pronto a dimostrare che non lo sono abbastanza.

Perché Palazzo Vecchio e Fallingwater sono, secondo Lei, le opere più ardite? E perché non lo sono abbastanza? Quale gradino i due architetti non hanno saputo superare?
Sono ardite, per la torre incombente spostata a destra e per gli agganci alla roccia e gli aggetti spericolati sulla cascata. Arnolfo di Cambio è forse il più grande architetto italiano (non a caso Santa Croce è dell'ordine dei mendicanti), e Wright lo è a livello mondiale. I saloni di Palazzo Vecchio e il soggiorno di Fallingwater potrebbero però essere più coraggiosi, più inventivi spazialmente.


Secondo Lei cosa bisogna fare per essere considerati "troppo coraggiosi"? Rifarsi agli ideali sopra citati?
Per essere coraggiosi, lasciamo stare il troppo, non bisogna rifarsi a nessun ideale, anzi urge combattere ideali ed ideologie. L'unico ideale da coltivare è quello del coraggio; per un attimo, lo ha capito persino Don Abbondio.

Lei ritiene che l'unico ideale da coltivare è il coraggio, chi sono allora, per Lei, i "Don Abbondio dell'architettura"?
Nella storia dell'architettura i "Don Abbondio" fanno massa costituendo la maggioranza schiacciante. Si chiamano setta bramantesca, setta sangallesca, setta berniniana, setta juvarriana, setta piacentiniana e via dicendo. Purtroppo sono molto peggio di Don Abbondio, perché vogliono il potere.

La professione di architetto oggi è in profonda crisi, sono venuti meno gli ideali citati?
Alibi. La professione in crisi è un mito comodo quanto inconsistente. Siamo costantemente in crisi. Ho appena pubblicato un saggio intitolato Architettura della modernità. Cos'è la modernità? L'ho riportato è considerare la crisi un valore. Chi non sta in crisi è un deficiente.

 I troppo coraggiosi, secondo Lei, non vanno mai in crisi?
Non vanno mai perché ci sono. Borromini non è andato in crisi si è semplicemente suicidato.

Quali consigli darebbe a noi giovani studenti, circa la nostra attuale esperienza di apprendimento e la futura vita professionale?
Consiglio di abbandonare le facoltà di architettura, onde diventare architetti senza dover estirpare da sé tutte le idiozie imparate a scuola. Wright, Le Corbusier, Scarpa, Nizzoli non erano laureati.

Lei ci consiglia di abbandonare le facoltà di architettura. Ma Wright, Le Corbusier, Scarpa hanno avuto dei grandi architetti come maestri. Noi a chi potremmo riferirci?
Wright ha avuto Sullivan perché, invece di perder tempo a scuola, lo ha cercato. Le Corbusier ha avuto come maestri Fidia, i castelli medievali, Perret, Behrens, perché li ha cercati, invece di evadere nell'università. Quanto a Scarpa, non ha avuto proprio alcun maestro; si è educato sui testi di De Stijil e di Wright. Quanto a voi potete riferirvi a chi volete. Io propongo Gehry, Einsenman e Behnisch.

Perché Lei ci propone Gehry, Einsenman, Behnisch e non Utzon, Holl e Fehn?
Per il semplice motivo che sono sulla breccia infuocata, mentre gli altri sono in pensione. Gehry, Einsenman e Behnisch stanno sulle barricate, lottano giorno e notte contro l'inerzia dell'architettura, in qualsiasi condizione strappano un pretesto per conquistare un millimetro in più di libertà. Se invece di tre fossero trenta, avremmo una fronte stagione architettonica.

Lei crede che un'opera di Gehry, Einsenman e Behnisch sia accettata in un contesto italiano? Perché la nostra nazione rifiuta questo tipo di architettura?
Perfettamente accettata. Lo ha capito il Vicariato di Roma che ha indetto un concorso ad inviti per una chiesa da inaugurare nel 2000. Fra i pochi invitati: Gehry, Einsenman, Behnisch. Se la nostra nazione rifiuta, combattiamola perché significa che è ancora fascista e sciovinista.

Il settimo principio o invariante da Lei desunto per la decodificazione dell'architettura moderna: continuità tra edificio, città e territorio; può ritenersi il punto di partenza per la codificazione di "antiregole" da applicare a progetti realizzati o da realizzarsi a scala urbana?
Non credo proprio, anche perché non credo all'architettura né all'urbanistica ma solo all'urbatettura.  La  settima invariante o ha come radice le sei precedenti, o diventa generica e persino un po' insulsa.

Quante persone amano la musica, la pittura, la scultura, ignorando del tutto il "contenitore" di queste arti cioè l'architettura, è un atto di ignoranza o di negligenza?
Anzitutto contesto che l'architettura sia il "contenitore" delle altre arti; preconcetto accademico. É più facile visitare una mostra di pittura e scultura, leggere un romanzo, seguire un concerto che vedere l'architettura. La conoscenza, prima ancora  della comprensione dell'architettura, esige un enorme fatica persino per un architetto. É un mezzo miracolo che tanti profani si interessino di questo campo.

La sperimentazione dello spazio portata all'estremo, è, secondo Lei un altro credere nell'architettura?
Non capisco cosa significa portare all'estremo. In ogni modo, sono convinto che non si porta mai troppo avanti la sperimentazione dello spazio.

Secondo Lei un architetto deve avere più di una personalità? Se sì quante? Se no, allora perché una sola?
5.782601 personalità al minimo. Consigliabile il raddoppio. Da evitare il semplice doppio gioco così diffuso.

Cosa intende Lei per linguaggio architettonico e cosa per tendenza architettonica?
Intendo il linguaggio musicale, letterario, pittorico, plastico ecc. applicato agli spazi vissuti. L'applicazione è passibile di varie tendenze.

La cultura meridionale a differenza di quella centro-settentrionale non vede di buon occhio il rapporto committente-architetto; per loro si può anche fare a meno della nostra figura. Secondo Lei è un atto di ignoranza congenita?
No, può essere un segno di cultura: presuppone l'architettura senza architetti che ha generato innumerevoli capolavori. La demitizzazione dell'architetto demiurgo è sempre utile.Abbasso gli architetti! Viva l'architettura, che non può essere prodotta creativamente da anime e cervelli appiattiti come quelli dei laureati nelle nostre università.

Secondo Lei quale architetto italiano ha saputo tradurre meglio la lezione wrightiana? In particolare con quale opera?
Leonardo Ricci e Luigi Pellegrin. Si osservi la casa che Ricci ha costruito per sé nei pressi di Firenze. É forse il suo primo lavoro compiuto e parla la lingua wrightiana nell'impianto generale, nelle modanature e nell'impatto materico. Da questa radice wrightiana sgorgano l'espressionismo e il neoespressionismo di Ricci nelle opere successive; un processo riduttivo anche se gestito con sapienza e vigore, da Sorgane al palazzo di giustizia di Savona.Quanto a Luigi Pellegrin cito la villa costruita per sé a Roma: spazi fluenti, volumi ondulati e piegati per involucrarli, maestria nelle luci. Un capolavoro wrightiano isolato.

Che cosa sono per Lei forma  funzione e struttura in architettura e come sono legate tra loro?
Nulla e tutto. La forma deriva dalla funzione e dalla struttura, ma la struttura dipende dalla forma della funzione e la funzione dalla forma strutturata. Nessun legame perché sono la  stessa cosa. Ogni distinzione è cervellotica, sofisticata, degna di cattedratici.

Secondo Lei un architetto come deve creare il legame luogo-architettura?
Non pensandoci. Ci ha forse pensato Le Corbusier ponendo in diagonale Ville Savoye? Ci ha pensato Wright costruendo sulla cascata di Bear Run? O Mies ne l padiglione di Barcellona? Non si deve creare alcun legame programmato luogo-architettura, né supporre che l'architettura sgorghi da un luogo. N el caso della Casa sulla Cascata, è il luogo che nasce dall'architettura.

Per Lei cosa determina "l'atmosfera" in architettura?
Indubbio la luce nello spazio. Anche e soprattutto al buio.

Cos'è che determina il carattere di un edificio? La pianta, la facciata, lo spazio architettonico: tutto oppure una parte più delle altre?
Lo spazio dinamico e vissuto, che suggerisce il suo involucro e perciò piante, sezioni e facciate.

Secondo Lei un architetto per poter essere considerato coraggioso deve progettare sempre costruzioni che siano definite un "esempio"?
Esattamente il contrario. Sono "esempi" solamente gli edifici tipologici, insistenti su schemi tradizionali. Gli architetti creativi sono indifferenti al valore didattico delle loro opere. Confidano che gli parleranno spontaneamente, illuminando gli spiriti sprofondati nelle tenebre.

Il genio è considerato antistorico e allora perché rispettare le sette varianti del codice anticlassico per progettare buone architetture?
La domanda è insensata. Comincia con l'assioma il genio è considerato antistorico, con cui si può replicare in due modi: 1) con un da chi? Intendo da quale fesso? 2) con un pernacchio. La seconda parte è totalmente sconnessa dalla prima, per cui va eliminata. Le sette invarianti servono a progettare buone architetture, ecco perché vanno rispettate.

Bisogna credere nell'ornamento in architettura?
No, non bisogna. L'ornamento è organico all'architettura, come voleva Louis Sullivan? Allora va bene. In tutti gli altri casi ha funzione correttiva e quindi va eliminato.

Quando siamo vicini alla natura bisogna seguire la sua linea. Quando invece siamo vicini all'architettura?
Direi, celiando, che quando siamo vicini alla natura, bisogna seguire la linea dell'architettura. E quando siamo in un paesaggio tutto costruito, profetizzato da Antonio Sant'Elia, quando non c'è un filo d'erba, dobbiamo seguire la linea della natura selvaggia.

Secondo Lei questa società multirazziale non dovrebbe offrire la possibilità di un linguaggio architettonico multiculturale?
Mi accontento di un linguaggio colto. Il multiculturale viene da sé.

L'architettura organica e l'urbanistica tradizionale pur essendo in aperto contrasto possono presentare punti in comune? Se si quali?
Nessuno. L'urbanistica organica è bifronte Broadacre City o "The Illinois", il grattacielo alto un miglio. L'urbanistica tradizionale è un pasticcio carico di compromessi.

Si ritiene che ogni opera di architettura nasca da un attento studio delle condizioni ambientali, autoctone, peculiari; crede che ogni manufatto comunichi anche altro che non sia lo specifico architettonico? Ovvero ogni architettura è un contenitore semantico?
Chi lo ritiene? Me lo dica e chiamiamo la neuro.San Miniato al Monte nasce dalle condizioni ambientali di Firenze? No, è uno splendido grido dissonante. E Fallingwater? Nasce forse da uno studio della sterpaglia di Bear Run?

Grazie a Lei il pensiero di Wright è stato illustrato per la prima volta in modo approfondito anche in Italia. Quanto vale secondo Lei il rapporto architetto e storico critico dell'architettura?
Vale tutto e credo di averlo dimostrato in Architettura e Storiografia. Nelle civiltà produttive di valori, gli atti creativi e quelli critici coincidono.

Vale più la fantasia o la tecnica in architettura?
La fantasia tecnologica.

In architettura sono state progettate tantissime macrostrutture, ma poche ne sono state realizzate, secondo Lei non siamo ancora pronti per questo genere di opere? Oppure qual è il vero problema che ne impedisce la realizzazione?
Il grattacielo alto un miglio di Wright "The Illinois" per Chicago, costituisce il punto di riferimento. Dobbiamo costruirlo perché è un'opera a dimensione conforme. Dobbiamo vincere la paura del nuovo.

Lei afferma che il grattacielo alto un miglio di Wright, è il punto di riferimento per quanto riguarda l'architettura delle macrostrutture, ma cosa intende Lei per "opera a dimensione conforme"?
Intendo esattamente quello che intendeva Le Corbusier. La dimensione conforme attiene ai servizi comunitari.

prospetti

Secondo Lei per un nostro miglire futuro di architetti quali sono, oltre le sette invarianti "le certezze" in cui credere per realizzare buoni progetti?
Nessuna, sia lode a Dio. Si celebra l'incertezza, per fortuna. Le sette invarianti codificano l'incertezza contro le fasulle certezze classiciste.

Secondo Lei l'architettura deve valere di più per come va progettata o per come dovrà essere usata?
Come progettata per l'uso.

"Per vedere una città non basta tenere gli occhi aperti. Occorre per prima cosa scartare tutto ciò che impedisce di vederla, tutte le idee ricevute, le immagini precostituite." Vorrei una sua opinione su questa frase di Italo Calvino. Riferendola poi a qualche città in particolare.
Opinione giusta e azzeccata. Vale per Los Angeles e Shangai, Stoccolma e Noto, Pienza e Ferrara. Vale a scala territoriale e a quella di arredo urbano.

Lei è per l'architettura della libertà, rischiosa, anti-idolatrica, creativa. Ciò è forse sempre possibile attuarlo nei progetti di edifici privati; ma una comune regola compositiva non è forse ammissibile e necessaria per edifici che ospitano funzioni pubbliche quali ospedali, chiese e scuole? Non è possibile che un bambino dell'asilo, nel quartiere Luginsland a Stoccarda di Behnisch,  possa rimanere scioccato dalla visione di porte che non sono a squadro e di un edificio che sembra stia andando in pezzi?
No, nessuna regola compositiva, in nessun caso privato o pubblico che sia. Del resto, le funzioni pubbliche (scuole chiese ospedali) sono molto più differenziate di quelle private (in genere residenziali); pertanto tali devono apparire. Quanto al bambino tra scemo e demente che può essere traumatizzato da un muro storto o da una rovina, vogliamo scherzare? E quando saprà che la terra è tonda e non piatta, non avrà un colpo apoplettico?


In un progetto, Lei crede che luce, spazio e forma debbono essere proporzionati tra loro? Oppure l'una può prevalere sull'altra?
Lo spazio deve prevalere. La forma o è quella dello spazio o è fuori dall'architettura. La luce non è un problema perché è congeniale allo spazio.

Lei crede che "semplicità", "precisione", "organicità" e "ordine" possono ritenersi quattro virtù dell'architettura?
Una sola è virtù le altre sono preconcetti negativi: semplicità no, specie adesso, tempo di complessità; precisione meno ancora, una caverna è splendida proprio perché totalmente imprecisa; l'ordine per carità! É sempre quello del potere. Resta dunque una sola virtù, l'organicità, che ammette il labirintico, l'impreciso e il disordinato.

In questo momento architettonico, sono sempre validi i concetti della triade vitruviana?
La triade vitruviana non è mai stata valida, figuriamoci adesso! Buttiamola nell'immondizia e non pensiamoci più!

Lei ritiene che un edificio simmetrico è frutto di pigrizia e antisocialità "basta disegnare la metà e rispecchiarla" Ma anche il maestro di Taliesin in alcune sue opere, in particolare quelle pubbliche, predilige una certa simmetria. Questa scelta non è dovuta forse al fatto che il pubblico abbia una migliore fruibilità in un edificio del genere?
"Una certa simmetria" ma non la simmetria. E se qualche volta, il maestro di Taliesin crea un edificio simmetrico, per quale motivo dobbiamo soffermarci su di esso e non su gli altri? Wright, quando andava in un WC, forse faceva cose poco odorose. Ma sono queste cose che lo qualificano o sono la Casa sulla Cascata, il Johnson Building a Racine, Taliesin West e il Guggenheim? Nessuno è un genio per il suo servo, ma la colpa è del servo, non del genio. Un edificio simmetrico è il meno fruibile per una ragione evidente: non tiene conto dei circuiti, della dinamica umana.

Lei crede che certi architetti stiano distogliendo il proprio interesse dall'intensità progettuale riorientandolo verso la gratificazione più immediata del guadagno?
Pietro Fenoglio è stato il più grande (forse il solo) autentico architetto italiano dell'Art Noveau. Dopo aver costruito un capolavoro, ha abbandonato la professione per dedicarsi all'industria. Il guadagno non c'entra, era una vocazione.

Quale gruppo di collaboratori bisogna avere per realizzare un progetto prezioso? Che personaggio si deve essere per riuscire ad emergere sugli altri?
Si può lavorare anche in pieno isolamento, come, ad esempio Reima Pietilä, che tuttavia aveva a fianco la moglie. Quanto al personaggio che emerge si consiglia di diventare centrattacco della squadra nazionale vincente e subito dopo, di dedicarsi all'architettura.

Quali delle utopie del passato che Lei conosce, si stanno avverando oggi e quali non avranno mai esito positivo?
L'organismo urbano medievale, in vari modi, si avvera. Non avrà mai esito positivo la città ideale del Rinascimento.

Come può architetto contemporaneo, non sentirsi struggere di fronte ad una urbanizzazione sempre più selvaggia ed incosciente, di cui peraltro il più delle volte viene comunque considerato il maggiore responsabile?
Semplice. Bisogna imparare a sentirsi struggere e ad amare l'urbanizzazione selvaggia (cfr. Frank O. Gehry). La sfida, superfluo ripeterlo, sta nel trovare nella crisi un valore.

La figura dell'architetto oggi sembra una sorta di regista, controllato e condizionato da consulenti e specialisti di ogni singolo settore, col fine di mediare i differenti interessi tecnici, giuridici, economici e funzionali di un progetto. In tal modo non crede che venga meno il compito prioritario dell'essere creativo?
No, non credo. Si tratta di essere creativi anche nei rapporti umani e di lavoro Il compito dell'architetto non è più complesso di quello del regista cinematografico.

Quanto valgono le conoscenze umanistiche nel campo dell'architettura? Vorrei che Lei mi facesse un elenco di testi che ritiene fondamentali per la formazione di un buon architetto.
Valgono solo le conoscenze umanistiche che comprendoni in sé anche quelle sociali e tecniche. Tre testi non di più: 1) Geoffrey Scott, L'architettura dell'Umanesimo; 2) Edward Frank, Pensiero organico e architettura wrightiana; 3)Heirich Wölfflin, Rinascimento e Barocco.

Lei continua a ripeterci di abbandonare le Facoltà di Architettura, ma lo sa che per essere iscritti all'albo degli architetti, quindi poter firmare un progetto, bisogna superare l'esame di stato al quale si può accedere soltanto se si è conseguita una laurea? Quindi che posizione dobbiamo assumere d di fronte a questo suo consiglio?
La posizione di accettarlo, pagandone i costi. Non si sono laureati e quindi non appartenevano agli albi professionali, Wright, Le Corbusier, Nizzoli, Scarpa e mi pare che abbiano costruito un po' di più della maggioranza di laureati iscritti agli albi. Mi sbaglio? Comunque, cinque anni sprecati nella Facoltà di Architettura sono troppi; basterebbero cinque mesi.

Trent'anni nelle Facoltà di Architettura: soddisfazioni e delusioni. Cos'è che avrebbe voluto fare per l'università e che non è riuscito a realizzare?
Avrei voluto fare un Bauhaus storicizzato, un laboratorio in cui convergessero storia, progettazione, critica operativa, scienza e tecnica delle costruzioni, urbanistica e quant'altro. Esattamente il contrario di quanto è stato fatto con i dipartimenti che hanno consacrato la separazione delle discipline, rendendo impossibile l'insegnamento organico dell'architettura.

Lei crede che il procedimento tipico dell'architettura è un procedimento induttivo dal particolare al generale o viceversa?
Giammai, non sono pazzo. Popper ha dimostrato la vacuità dei procedimenti induttivi.

Lei sin da giovane sarebbe voluto diventare "il De Sanctis dell'architettura". Per una realizzazione personale crede di esserci riuscito o di aver fallito in qualche cosa?
Non credo niente. É un fatto che "il De Sanctis dell'architettura" è nato è cresciuto. Si intitola Controstoria dell'architettura in Italia, consta di 900 pagine di cui 500 illustrate, 9 tascabili Newton, lire 9.000 o poco più in tutto invece che 65.000. Per ora ho vinto io per mancanza di concorrenti o rivali.

Dei vari periodi di urbanizzazione quale ritiene Lei quello di migliore risoluzione? Ed attribuito in particolare a quale città?
Londra, dalle città giardino dell'inizio del secolo alle New Towns.

Secondo Lei un architetto deve essere più un uomo di pensiero, oppure, un professionista attivo, indaffarato che gestisce dimensioni complesse, frutto in gran parte di un lavoro collettivo?
Dilemma inesistente, cervellotico: professionista attivo che non pensa, e pensatore che probabilmente non fa l'architetto. Poiché poi l'indaffarato gestisce il frutto di un lavoro collettivo, la confusione è al culmine.

Secondo Lei è necessario per l'architettura, competere con i mass-media?
Renato De Fusco scrisse un libro sull'architettura come mass medium, che considero ancora apprezzabile. Poi dell'argomento no si parlò più. La domanda è equivoca, cosa significa competere con i mass-media? Voglia adoperare l'architettura per vendere la Coca-Cola? Ogni volta che sono, in qualche modo, implicato con la televisione, rievoco l'atteggiamento di Lewis Mumford, che rifiutò sempre di apparire nei programmi TV, sostenendo che a lui spettava di elaborare le idee e agli altri diffonderle. Per converso, Wright amava la pubblicità in televisione.

Secondo Lei quali poterebbero essere le forme ed i contenuti di una nuova architettura?
I contenuti: quelli di una nuova socialità. Le forme: quelle determinate dalle sette invarianti.

Nonostante il dissesto finanziario che continua a permanere nella vita amministrativa del Comune di Napoli, la città ha mostrato nell'ultimo periodo una netta ripresa per quanto riguarda i problemi urbani. Vorrei una sua opinione su due questioni fondamentali 1) il ridisegno degli spazi pubblici in centro storico; 2) le varianti per le zone occidentali e orientali dismesse ed in via di dismissione.
Premetto: approvo, sostengo, affianco l'opera del Comune di Napoli. La ripresa di questa città è forse il fatto più positivo dell'urbanistica italiana. Vorrei che almeno Roma sapesse imitarla. Spazi pubblici del centro storico e varianti per la zona occidentale ed orientale? Non entro nei particolari. Inneggio allo spirito di iniziativa e alla tensione creativa  l'accompagna.

Abbiamo assodato che Lei è contrario all'impostazione attuale dell'università di architettura per i motivi già spiegati. Ma cosa ne pensa se si potesse introdurre, con il nuovo ordinamento, nell'ultimo anno una giornata alla settimana dedicata interamente ad un cantiere? Vero e proprio "maestro" dell'architetto?
Una giornata alla settimana? La solita pecetta. Io credo in una scuola interamente svolta in cantiere.

Vorrei che mi spiegasse qual è secondo Lei il rapporto Disegno-Architetto.
Meno un architetto sa disegnare tanto meglio è. L'abilità nella rappresentazione dell'architettura è dannosa. L'architettura va sperimentata, posseduta, amata alla follia, non rappresentata.

Lei dice "Meno un architetto sa disegnare tanto meglio è" d'accordo. Allora le bellissime prospettive di Wright? Forse non erano frutto delle sue mani?
Bellissimi anche i disegni architettonici di Michelangelo, Borromini, Piranesi e via dicendo. Tanto meno belli quando servono per la progettazione. Stupendi anche i disegni di Le Corbusier, Mendelsohn, Scharoun. Ma per quale motivo? Perché si distaccano dal disegno accademico per conquistare una fisionomia originale ed irripetibile. Tanto è vero che, per gli accademici, né Francesco di Giorgio, Mies van der Rohe sanno disegnare. Ribadisco: chi ha facilità per il disegno non dovrebbe fare l'architetto.

"Composizione-progettazione-costruzione". I tre passi dell'architetto?
Invertiamo i termini. Primo: costruzione, fare anche senza progetto; nel corso della costruzione emerge il progetto (cfr. Frank O Gehry). Quanto alla composizione gettiamola nell'immondizia; è fatta di principi, dogmi, idolatrie, tautologie, buon senso, equilibrio ed altre cose puteolente.

Lei è per molti un maestro. Cosa vuol dire essere un maestro? Una figura cui si fa riferimento, avere delle responsabilità. Che immagine pensa di dare ai giovani?
Giovanni Michelucci pubblicò un aureo libretto intitolato Non sono un maestro. Lo stesso potrei fare io, dimostrando che ogni mia idea o principio o invariante ha un riferimento storico preciso: William Morris, Loos, Olbrich, Bauhaus, Le Corbusier, Wright ecc. Io non ho prodotto questi valori, li ho solo gestiti. Non è poco e ne sono assai lieto. Penso di dare ai giovani la coscienza dell'eresia di fronte a tutti i vitelli d'oro del classicismo e dell'accademia, il metodo per azzerare e ricominciare sempre daccapo.

Secondo Lei su quale progetto crede che sia meglio esemplificato il discorso del rapporto tra tipo edilizio- morfologia urbana-monumento?
Su nessun progetto dato che detesto la tipologia edilizia, la morfologia urbana e tanto più la monumentalità. Robaccia che purtroppo alcuni ancora rigurgitano.

Lei ha conosciuto nell'arco della sua carriera professionale ben tre generazioni di architetti. Ha riscontrato un'evoluzione o un regresso?
Un regresso. La prima generazione è quella dei pionieri, degli eroi, dei temerari. La seconda è quella della razionalità, dal Bauhaus a Le Corbusier (con l'eccezione degli espressionisti). La terza è quella dello sbandamento, dello sconfinamento, al limite del Beat dell'architettura.

In questi ultimi anni si è più scritto che realizzato in architettura. Vale anche per essa il proverbio: tra il dire ed il fare c'è di mezzo il mare?
Non vale perché la maggior parte di quanto si è scritto è vuoto, idiota, tautologico, acqua sporca che serve solo a fare carriera universitaria.

I materiali: prima pochi con i più semplici colori ma ben composti tra loro, oggi un'infinità con altrettanti colori che proprio si ha difficoltà a comporli tra loro. Secondo Lei è stato più facile fare l'architetto in passato oppure oggi?
É più facile farlo oggi. Nessuno oggi soffre quanto Arnolfo di Cambio, Borromini, Loos, Wright, Le Corbusier, Terragni. I risultati denunciano questa mancanza di sofferenza.

L'opera architettonica uno dei grandi beni da salvare? Quale ruolo deve assumere la cultura storica in questo processo?
Il ruolo di attualizzarla, di farla vivere, di riconoscerne la modernità. Salvarla? No, si salva da sé, se la critica la rende parlante.

Cos'è che Lei crede che superfluo in architettura?
L'ornamento è delitto [cit. Adolf Loos]

In quale nazione del mondo, Lei crede che il dibattito architettonico sia più avanzato?
In Gran Bretagna, per merito del Royal Institute of  British Architects.

Lei crede nell'opinione abbastanza diffusa nell'ambito della filosofia e anche dell'architettura che non sia più possibile avere un'utopia?
No, non credo a nessuna opinione abbastanza diffusa. E credo nella funzione e nell'attualità del progetto, quindi nell'utopia.

Nella sua multiforme immagine di storico,  politico, storico, insegnante, architetto, direttore di rivista, non ha talvolta nostalgia di una sola vocazione? Quale di queste attività considera primaria?
No, soffro di tutto meno che di nostalgia. La mia vocazione prevalente e primaria è quella del critico pregno di storia.

Crede che nel comportamento e nei rapporti umani vi siano costanti che possono servire oggi da punto di riferimento per la soluzione dei problemi posti dall'architettura?
Altro che punto di riferimento! L'architettura è progettazione di comportamenti è rapporti umani.

[tratto da Saper credere in architettura - CLEAN edizioni]